Capitolo 1°

IL TERCIO - La guerra di Spagna - 1938

 

……………………..Pirati ! Ecco come ,da un punto di vista strettamente legale,per diritto internazionale, ci si poteva definire : ……………PIRATI !
Le prime ondate di battelli erano prive di insegne,bandiere,stemmi e qualsiasi altra cosa potesse identificare le unità per Italiane.
Noi,al contrario,indossavamo divise del “Tercio” ( Legione straniera spagnola) e avevamo la bandiera dei

 

Nazionalisti Spagnoli sull’asta di poppavia alla torretta.


La maggior parte la definiva “vasca da bagno” . Tutta la parte posteriore della torretta e fino ad altezza uomo,ruotava su se stessa per brandeggiare il cannone. Una medaglia al merito per il progettista di una cosa inutile e che nessuno amava,meno che mai i cannonieri addetti al pezzo.
Dal mio punto di vista , quello di un giovane
STV imbarcato da appena due mesi , quella vasca da bagno rappresentava solo un problema : quando si emergeva,lo svuotamento dell’acqua di mare avveniva in modo piuttosto lento facendo si che il baricentro restasse per tutto il tempo alto e quindi ciò metteva il battello in una condizione di stabilità non proprio ideale oltre a prolungare il tempo occorrente per emergere completamente. Come se non bastasse,avevamo avuto la possibilità di sperimentare gli effetti del cattivo tempo sulle capacità di governo del Brin ; con il mare in poppa era impossibile governare e la straordinaria tendenza ad “imbarcare” e “traversarsi” poteva risultare pericolosa o quanto meno di controllo estremamente precario.
Ma a parte queste considerazioni potevo dirmi soddisfatto. Quando c’era stata la mobilitazione per la guerra d’Etiopia ero ancora nella marina mercantile e non avevo fatto in tempo ; la voglia di menare le mani era troppo forte per cui avevo smosso mari e monti per passare nella marina militare e imbarcare da subito sui sommergibili.Ma non c’era ancora una scuola per sommergibilisti e dopo l’accademia fui destinato a un piccolo Cacciatorpediniere. Grazie a un’influente parente,infine ottenni l’agognato trasferimento.Avrei potuto aspettare che militarizzassero la mercantile,ma sentivo che il mio dovere era quello.
La mia famiglia era stata per generazioni sul mare dividendosi fra le due marine,quella civile e quella militare.
La vita a bordo di un sommergibile è una cosa che difficilmente può essere intuita da chi è sulle unità di superficie ; nel mio animo comunque mi sentivo perfettamente realizzato.
Sentivo di appartenere ad una casta,ad una aristocrazia navale che tutti ammiravano e invidiavano. Era proprio quello che volevo. L’ambiente era diverso,leggermente meno formale,e ora,in navigazione di guerra,molte cose erano cambiate. Una volta avevo sentito il mio Comandante discorrere con il suo collega di un altro nostro battello,il Rg. Smg . IRIDE,anch’esso in missione al largo di Cartagena e sul quale era imbarcato,anch’egli come STV,il mio compagno di corso Armando Duval.
Sosteneva che l’utilizzo,fino a quel momento improduttivo,dei nostri battelli, era principalmente dovuto al pessimo impiego degli stessi e poi ancora per l’impreparazione degli equipaggi,scarso addestramento,tattiche sbagliate e per ultimo troppe limitazioni operative.
Il nostro Comandante aveva anche fatto visita ad uno dei battelli tedeschi schierati più giù,verso Malaga e Almeria rimanendone profondamente colpito.

La disperata e spartana abitabilità teutonica era ampiamente compensata da una strumentazione eccellente, come la centralina di lancio dei siluri cosa di cui i nostri battelli erano privi. In compenso avevamo alcune soluzioni tecnologiche avanzate e che altre marine non avevano. Il sistema ottico-meccanico dei nostri periscopi non era secondo a nessuno,avevamo messo a punto un efficientissimo sistema di recupero dell’aria compressa ,necessaria a lanciare i siluri, che pervenendo in superficie rivelava la posizione del battello. Forse i nostri avevano una abitabilità superiore,ma denunciavano alcuni limiti nei materiali e nella dottrina d’impiego in tempo di guerra.
Non v’era nulla di offensivo nella nostra dottrina d’impiego ; ci si metteva in agguato in zone prestabilite e si attaccava solo se qualcosa in acqua si muovesse nel nostro raggio d’azione.
Un po’ come un serpente che se ne sta per conto suo, acciambellato al sole ,e attacca solo se qualcuno gli va rompere le scatole.
A questo poi,sempre per bocca del mio stimatissimo Comandante,gli Ufficiali di collegamento e osservazione spagnoli,non gliela contavano giusta. Mai una volta che fossero certi sull’identità delle navi avvistate ! E quindi a che gioco stavano giocando gli Spagnoli ??
Anche sul BARACCA , dov’era imbarcato il STV Roberto PAPINO,stesso nostro corso all’accademia,erano della stessa opinione.
Intanto assimilavo in fretta tutto quello che c’era da imparare e facevo tesoro di tutto quello che diceva il mio Comandante. Un giorno lo sarei stato anch’io e l’esperienza di quell’uomo mi sarebbe stata preziosissima. A bordo c’era il Comandante in seconda che provvedeva in pratica a tutte le necessità sia del battello sia dell’equipaggio,era un TV di carriera,molto benvoluto da tutti.
Poi c’ero io,come ufficiale di rotta,e un giovane GuardiaMarina in qualità di Ufficiale alle Armi,anche lui proveniente dalla mercantile e particolarmente bellicoso. Aveva ancora più voglia di me di menare le mani. L’inattività lo deprimeva ma riusciva sempre a trovare il modo di impiegare il tempo in modo fruttuoso facendo esercitare gli armamenti ai pezzi e lunghe serie di lanci simulati. Il battello era stato consegnato di recente alla Regia Marina,ma a detta dei vecchi aveva già assunto il puzzo classico di ogni sommergibile : un assortimento,una mistura di cattivi odori, da far nauseare. Eppure,almeno apparentemente, nessuno ci badava : con il tempo ,dicevano, ci si fa il naso .
In buona sostanza,il Brin,era un eccellente battello,forse non il migliore,ma degno di essere definito un sommergibile oceanico. Avevamo anche un apparecchiatura, il Rovetto, che anche a motori fermi,avrebbe dovuto consentire il mantenimento della quota di immersione. Ma il Comandante non appariva molto convinto e ultimamente appena vedeva che la manovra si complicava o che l’istinto lo mettesse in allarme, escludeva il Rovetto e privilegiava la manovra manuale “dosando”la zavorra con estrema abilità.


Rientrammo delusi alla base dopo un ennesimo e infruttuoso pattugliamento appena fuori Valencia.
Incontrai il mio amico Duval che in gran segreto mi raccontò del suo incontro con una squadriglia di DD inglesi e della prolungata caccia che avevano dovuto subire a suon di cariche di profondità.
Anche noi del Brin avevamo avuto già il battesimo del fuoco con una nutrita scarica la settimana prima,da un’unità ausiliaria “rossa” .Un’esperienza che non avrei mai più dimenticata.
Duval,quando parlava del suo Comandante, mostrava tutto il suo apprezzamento e la sua dedizione al punto da prenderlo come suo personale modello,in una sola parola : lo idolatrava.
E arrivò anche una sorpresa peraltro graditissima: i “secondi” dell’Iride,del Brin e del Baracca,furono richiamati in Patria per la Scuola Comando per ricevere,insieme alla promozione,anche un battello tutto per loro e nuovo di zecca.
Automaticamente,passammo secondi sia Io che Duval e Papino,con relative promozioni a TV a tutti gli effetti di carriera e stipendio.
Il nuovo incarico,mi sprofondò in una miriade di cose da fare e non ebbi tempo né per scrivere a casa né per scendere a terra in franchigia. Gran parte delle ore notturne,le dedicavo alla preparazione delle varie attività e di giorno a seguire tutte le necessità del nostro battello.
Mi sentivo tanto coinvolto e convinto da non pensare neanche alle pur necessarie ore di sonno.
Condotte a buon fine tutte le necessarie revisioni comunicammo al Comando che il battello era pronto ad uscire in mare.
Il giorno dopo invece ci venne comunicato che tutti i battelli italiani sarebbero rientrati in Patria;
il nostro impiego di “controllo” delle acque spagnole terminava lì.
La stanchezza mi piovve d’improvviso addosso ; tanta fatica per nulla.
La notizia venne accolta dall’equipaggio nelle forme più varie.
Gli ammogliati erano naturalmente euforici perché intravedevano la possibilità di una sospirata licenza,altri di rivedere le loro fidanzate o le famiglie ma ci fu anche chi invece manifestò più o meno apertamente molta delusione.
Nel mio animo si agitavano sensazioni diverse e contrastanti ; con i gradi nuovi e le maggiori responsabilità avrei preferito continuare a farmi ancora “le ossa” e cimentarmi nelle tante sfide che ancora mi attendevano. Ma tornare a casa, significava anche mettere sù famiglia,ed anche quella non era sfida da poco. Era già da qualche anno che se ne parlava o meglio che la mia fidanzata Sandra rinnovava l’argomento con frequenza preoccupante. Con la promozione e l’aumento di stipendio non avrei avuto più alcunché da opporre e del resto ci stavo pensando sempre più sovente
Io stesso per quanto una parte di me continuasse flebilmente a escogitare nuove motivazioni per rimandare l’evento.
Ormai non avevo più scampo ! Qualsiasi cosa escogitasse la parte avversa, veniva puntualmente smontata dalla parte “seria”.
La navigazione di rientro alla nostra base di Taranto fu perfino troppo rapida .
Il giorno dopo l’arrivo,il Comandante mandò in licenza una parte dell’equipaggio e mentre
i tecnici “civili” dell’Arsenale si impadronirono del BRIN scoprii ben presto che l’attività normale in tempo di pace aveva sì tanti aspetti positivi , ma anche estremamente noiosa.
Ben presto erano riprese le solite attività classiche della Marina : posti di pulizia,attività ginniche,ripristino della cura personale, assemblee varie,comandate quotidiane con i più svariati compiti,esercitazioni,in poche parole Mamma Marina aveva ripreso a governare i suoi figli come ogni altra mamma al mondo.
E qualche tempo dopo venne anche il mio turno di andare in licenza.
In divisa impeccabile e con i gradi nuovi fiammanti mi presentai a casa di Sandra la seconda sera del mio arrivo,del tutto inatteso.
Ancor più sorprendente fu la reazione della sua famiglia quando chiesi “la mano” della loro adorata figliola. La Mamma si sciolse in un fiume di lagrime,la sorella e il fratello di Sandra mi guardarono tutto il tempo come fossi un essere venuto da un altro pianeta e il Papà , nascondendo a fatica la sua soddisfazione, continuò per un pezzo a darmi pacche sulle spalle e a mettermi ovviamente al corrente delle numerose responsabilità che mi attendevano.
E Sandra non mollò mai un solo attimo la mia mano,al colmo della felicità e ancora incredula.
Era fatta ! Mi ero messo da solo in catene !
I mesi che seguirono furono pieni di attività sia professionali sia private.
Per la casa avremmo deciso in seguito. Ero molto più tranquillo nel sapere Sandra con i suoi .
I venti di guerra soffiavano sempre più violenti in tutto il mondo e il BRIN insieme con l’OTARIA
Ricevette ordine per una missione di importanza estrema : collaudare i battelli nell’Oceano Indiano
nel periodo del Monsone da SW .
Anche il GLAUCO e il PERLA,conducevano analoghe missioni lungo le coste della Somalia per
verificare la tenuta e l’adattamento delle nostre unità a quei climi.
Prima della partenza facemmo anche a tempo a partecipare alla parata navale nel golfo di Napoli a beneficio dell’ospite tedesco : nientedimeno che il Cancelliere Hitler in persona.
Negli ambienti ufficiali e nei circoli non si faceva altro che esaltare l’evento,ma nel privato e fra amici di sicura fede e a bassa voce,si definiva la cosa come una enorme e inutile pagliacciata.
E venne l’oceano Indiano,con il suo caldo bestiale e il clima umido ; piogge torrenziali,malattie,esercitazioni continue per mettere alla frusta uomini e materiali.
Il BRIN se la cavò discretamente bene al contrario dell’OTARIA che non si rivelò adatto per un eventuale impiego in quelle acque.
Conoscevo già quelle acque per esserci stato anni prima con un vecchio piroscafo per cui riuscii
a non risentirne troppo dal lato salute riuscendo anzi a dare utili consigli a chi non c’era mai stato.
Fu un’esperienza davvero dura . Si giunse quindi ai primi di Luglio e finalmente si rimise la prua verso casa. Nel corso del viaggio di ritorno , ogni Ufficiale stilò una relazione in base alle esperienza fatte nel proprio ambito di competenza a bordo mentre il Comandante ed io provvedemmo a compilare quella generale che sarebbe stata poi inviata alle alte sfere a Roma.
Non usammo alcun riguardo né mettemmo bavagli alle nostre parole ; se quell’esperienza doveva avere sviluppi futuri,era bene che si sapesse a cosa si andava incontro.
Al ritorno a casa presi Sandra come moglie e con una nutrita rappresentanza dell’equipaggio del BRIN .
Dopo il breve viaggio di nozze ebbi ancora alcuni giorni liberi prima del rientro e li utilizzai tutti per mettere a punto alcuni progetti futuri ,a organizzare la nuova famiglia e a interessarmi più da vicino alle ricorrenti voci di guerra.
Sandra era una donna encomiabilmente pratica e coraggiosa. Non le nascondevo nulla. Era giusto che sapesse come stavano le cose.
I mesi successivi furono trascorsi in continue esercitazioni,talvolta soddisfacenti tal’altra deludenti.
Ma servirono ugualmente per affiatare l’equipaggio e a farne una collaudata macchina da guerra.
All’inizio della Primavera il nostro Comandante ricevette il preavviso di trasferimento : avrebbe preso il comando di un altro battello oceanico,più moderno del BRIN.
Quale più immediato effetto della Sua segnalazione a Maripers perché fossi io a rilevarlo,fui provvisoriamente distaccato presso la scuola comando.
Il BRIN fu mandato in mare insieme ad altre unità in agguato fra Pantelleria e la Tunisia.
Successivamente alla dichiarazione di guerra ,e più precisamente il 16 Giugno,presi il comando del BRIN al suo rientro alla base di Augusta.
Tutto accadde come se fosse stato già vissuto : senza ansia,senza emozioni particolari,senza alcuna incertezza . Mi sentivo sicuro e all’altezza del compito affidatomi consapevole di avere un equipaggio di prim ’ ordine a cui già mi legavano profondi vincoli affettivi.
Prima di partire per la successiva missione di pattugliamento ebbi notizie dei miei amici Duval e Papino che avevano preso il comando dei loro battelli.
Qualcosa di incredibile univa le nostre vite che sembravano correre in qualche modo in parallelo.
Il 18 Giugno il BRIN uscì in missione e mentre ero in plancia a osservare che tutto andasse come
previsto l’urlo di una vedetta mi riportò alla tragica realtà :
- S I L U R O A S I N I S T R A !!


Capitolo 2°

Dalla Regia Torretta...

Grupsom - Sommergibili Mediterranei